Birra e diacetile

Pubblico in questo spazio una sintesi di una review di cui sono coautore. L’ articolo completo, con la bibliografia, è pubblicato su “Birra e Malto” n. 90-91 del dicembre 2005.

Il diacetile(o 2,3-butandione) è un dichetone vicinale (legami insaturi prossimali), la cui formula chimica è CH3-CO-CO-CH. Il diacetile ed il 2,3-pentandione, altro dichetone vicinale (spesso indicati come VDK, dall’ inglese vicinal diketone), sono prodotti del metabolismo del lievito e si formano durante la fermentazione. Contribuiscono in maniera importante al flavour della birra, con conseguenze organolettiche positive o negative, a seconda del quantitativo presente e alla tipologia della birra prodotta. Diacetile e 2,3 pentandione presentano un gusto e un aroma simili, caratterizzato da un flavour di burro e un sapore dolciastro, ma, mentre per il pentandione la soglia olfattiva è elevata (0,9 mg/L), quella del diacetile è molto più bassa (0,13-0,15 mg/L), rendendolo quindi un problema per il profilo aromatico della birra finita. La presenza di diacetile, quindi, ha un effetto molto negativo in particolare nelle birre lagernelle quali la sua concentrazione non dovrebbe superare 0,05 mg/L. Quantitativi più elevati invece, fino anche a 1 mg/L, sono accettati in certe birre alepoiché attenuano aromi molto marcati talvolta presenti bilanciando quindi complessivamente il profilo aromatico.

Il diacetile è un sottoprodotto dell ’attività metabolica del lievito, più precisamente della sintesi della valina. Uno schema è riportato in figura. Questa reazione avviene solo in condizioni anaerobiche, inoltre è una reazione non enzimatica, ma dipende strettamente dalla temperatura e avviene più rapidamente a temperature elevate. La produzione di alfa-acetolattato continua finché il lievito fermenta; nel momento in cui le sostanze fermentescibili sono esaurite, la produzione si arresta completamente.

La rimozione del diacetile avviene in due fasi. Nella prima viene ridotto, dopo il suo riassorbimento all’interno della cellula, ad acetoino dall’ enzima acetoino-deidrogenasi. Questo stereoisomero può essere ridotto ancora con formazione di due isomeri del butandiolo, entrambi privi del gusto di alcol; il lievito riesce così a convertire un componente indesiderabile dal punto di vista organolettico in uno inodore e senza sapore. La concentrazione di diacetile decresce anche nella birra imbottigliata senza lievito e si ritiene che questo avvenga in seguito ad una lenta reazione chimica di riduzione, favorita dalle condizioni riducenti presenti all’ interno della bottiglia.

Considerazioni.

La concentrazione del diacetile (e 2,3-pentandione), durante la fermentazione, dipende dal bilancio trala quantità prodotta e quella ridotta. Il fattore più importante che influenza il livello del diacetile nella birra è la velocità alla quale viene trasformato dal lievito in 2,3-butandiolo e acetoino; questa rapida metabolizzazione spiega l’assenza di apprezzabili quantità durante la fase attiva della fermentazione. E’ stato calcolato che la velocità potenziale di riduzione di diacetile durante la fermentazione è almeno dieci volte maggiore rispetto a quella di formazione dall’ acetolattato.

L’aumento della temperatura di alcuni gradi alla fine della fermentazione primaria favorisce la riduzione dei dichetoni vicinali; questa procedura viene chiamata “diacetyl rest”. In questa fase l’aumento, sia pure limitato, della temperatura favorisce l’attività metabolica del lievito con una più intensa riduzione del diacetile. In base al ceppo di lievito questo processo può variare in termini di tempo e valori di temperature. Dopo il diacetyl rest, la birra viene raffreddata alla temperatura idonea alla maturazione. Generalmente il raffreddamento non inizia prima che le analisi indichino un livello di diacetile inferiore a 0.1 – 0.2 mg/L. E’ molto importante per accelerare la fermentazione che la concentrazione dei dichetoni vicinali sia abbastanza bassa prima di raffreddare, in modo essere sicuri che il livello di diacetile non aumenti in seguito, in particolare durante la pastorizzazione. La riduzione quantitativa dipende dall’attività metabolica del lievito: lieviti conservati per lungo tempo o a temperature non idonee o lieviti senza l’adeguata disponibilità nutrizionale, non sono in grado di ridurre il diacetile così efficacemente rispetto a lieviti in condizioni fisiologiche ottimali. L’ importanza del lievito va sottolineata poiché ceppi diversi possono portare differenti livelli di diacetile nella birra. A temperatura di fermentazione elevata, si forma una maggiore quantità di acetolattato. Come regola generale, alte temperature di fermentazione (~20 °C) incrementano la quantità di VDK, ma anche la loro rimozione è favorita; bassi livelli di diacetile potrebbero essere difficili da ottenere con tempi di produzione brevi poiché l’ acetolattato potrebbe formare diacetile quando il lievito non è più presente.

Oltre che il ceppo utilizzato, anche la quantità di lievito inoculato influenza in modo direttamente proporzionale la formazione di acetolattato e quindi di diacetile. I livelli di acetolattato rilevati in mosti eccessivamente o scarsamente ossigenati risultano più elevati rispetto a mosti che hanno subito una ossigenazione normale (20-30 mg/L di ossigeno).

Il potenziale redox del mosto in fermentazione sembra essere un fattore importante nel controllo della degradazione dell’acetolattato. L’ eventuale solubilizzazione di ossigeno durante la fermentazione determina un aumento del quantitativo di diacetile prodotto; il lievito, grazie alla sua massima attività metabolica, riesce comunque a ridurre questo quantitativo di diacetile.

La conversione dell’acetolattato a diacetile è influenzata dal pH, la reazione presenta un optimum al pH della birra (4-4,5). Una riduzione del pH del mosto determina una riduzione della concentrazione dell’acetolattato senza incremento nella concentrazione del diacetile; bassi valori di pH hanno come effetto sia una più rapida degradazione dell’acetolattato, che una maggiore rimozione del diacetile da parte del lievito.

Fermentazioni condotte in sovrapressione sembrano non avere effetti significativi sulle concentrazioni dei precursori di VDK o sulla velocità della loro conversione in VDK.

La tecnica di Krausening, cioè aggiunta al mosto di un aliquota (5-10%) di altro mosto in piena fermentazione, favorisce la riduzione del diacetile, poiché il potere di rimozione da parte del lievito è maggiore durante la fase di massima moltiplicazione cellulare.

Il diacetile e il 2,3-pentandione sono volatili e possono essere rimossi attraverso lo sfiato dei gas durante la fermentazione. I precursori non sono invece volatili e non si possono rimuovere allo stesso modo.

Se tutti i precursori sono stati decomposti e ridotti prima del confezionamento della birra, non si dovrebbe avere una significativa formazione di diacetile durante lo stoccaggio, a meno che la birra sia contaminata. Spesso, comunque, può accadere che piccole quantità di precursori rimangano nella birra, formando di conseguenza diacetile.

La pastorizzazione accelera la decomposizione dell’acetolattato ed è causa della formazione del diacetile in questa fase e la presenza di aria nello spazio di testa si ritiene incrementi la concentrazione di diacetile.

Il diacetile può essere prodotto non solo dal metabolismo del lievito, ma anche a causa di contaminazioni batteriche, principalmente di batteri lattici appartenenti ai generi Pediococcus e Lactobacillus. Questi batteri Gram positivi, sono i maggiori responsabili di eventuali contaminazioni dell’ ambiente di produzione e del prodotto finito e quindi molto temuti da ogni mastro birraio. Pediococcus e Lactobacillus producono grandi quantità di diacetile, ma non 2,3-pentandione a differenza di quanto avviene nel metabolismo del lievito. Misurare la quantità di diacetile e 2,3-pentandione presenti nella birra, fornisce un’ indicazione su una possibile infezione batterica: se il livello di diacetile aumenta in modo eccessivo, mentre il contenuto in 2,3-pentandione rimanecostante, la sua presenza può essere attribuita a contaminazione da batteri lattici. Se entrambe sono alte, si può ritenere che la fase di maturazione non sia stata condotta in modo idoneo.

L’ aggiunta di solfito o metabisolfito alla birra può rimuovere l’odore e l’ aroma dovuto al diacetile e si ritiene che questo avvenga in seguito ad una conversione del diacetile in acetoino e 2,3-butandiolo. Il diacetile, in realtà, forma un complesso non volatile con il solfito che non viene rilevato all’ analisi sensoriale, ma certamente a quella chimica. L’ aggiunta di agenti riducenti come il metabisolfito di potassio o sodio o idrosolfuro di sodio (NaHS) consente di mantenere più basso il livello di diacetile nella birra, prevenendo la sua formazione dall’scetolattato. In Italia l’ utilizzo di queste sostanze non è consentito.

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