Legislazione
Prima di iniziare a trattare di birra, dovremmo definire la parola “birra”: in questo ci viene incontro la legislazione italiana.
Secondo la normativa vigente la birra è “il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces Carlsbergensis o di Saccharomyces Cerevisiae di un mosto preparato con malto di orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi. La fermentazione alcolica del mosto può essere integrata con una fermentazione lattica. Nella produzione della birra è consentito l’impiego di estratti di malto torrefatto e degli additivi alimentari consentiti dal Decreto del Ministero della Sanità n. 209/96. Il malto d’ orzo o di frumento può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché con materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull’ estratto secco del mosto”. La birra viene classificata, come denominazione di vendita, in base al grado Plato, ovvero la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 g del mosto da cui la birra è derivata (legge n. 1354 del 16.08.1962 e successive modificazioni).
Denominazione | Grado Plato (°P) | Grado alcolico (% vol) |
Birra analcolica | 3 -8 | < 1,2 |
Birra light | 5 – 10,5 | 1,2 – 3,5 |
Birra | >10,5 | > 3,5 |
Birra speciale | > 12,5 | > 3,5 |
Birra doppio malto | > 14,5 | > 3,5 |
Subito due curiosità: la parola “doppio malto” non identifica assolutamente una birra con doppio quantitativo di malto utilizzato o con un contenuto doppio di alcol, ma è semplicemente una classificazione commerciale; una birra come la Guinness (distribuzione italiana) non potrebbe essere prodotta nel nostro paese con la denominazione “birra” poichè il suo estratto saccarometrico (Grado Plato) è uguale a 9,75 e contiene il 4,2 % di alcol in volume, quindi ricadrebbe in un vuoto legislativo.